Curare la peste inflazionistica sarà difficile e doloroso
Di Carlo Pelanda (2-6-2008)
Lo spettro dell’inflazione è nuovamente all’orizzonte. Quello precedente si incarnò nel 1973 quando i produttori islamici di petrolio ne alzarono a dismisura il prezzo per motivi geopolitici di pressione contro Israele e America. In realtà tale evento amplificò una destabilizzazione sistemica sottostante causata dalla fine (1971) del sistema dei cambi fissi ancorati al dollaro convertibile in oro. Ci vollero almeno 15 anni di politica disinflazionistica da parte delle banche centrali e governi dei G7 - che nacque proprio per questo (G5, 1975) - per ristabilizzare il sistema mondiale. Oggi, pur in modi diversi, si ripete lo stesso fenomeno: su una destabilizzazione monetaria globale di fondo – la caduta del dollaro – si innesca uno shock inflazionistico contingente. Ce la farà il sistema economico a riassorbire la tendenza inflazionistica o questa diventerà endemica fino a degenerare in depressione?
Il rialzo dei
prezzi energetici e di quelli alimentari, acuitosi negli ultimi sei mesi, ha
ormai raggiunto la soglia oltre la quale c’è il contagio a tutta l’economia. Il
costo crescente dei carburanti viene diffuso su tutti i prezzi. Per questo
motivo l’inflazione statistica nell’eurozona è salita al 3,6% tendenziale,
quella reale/percepita oltre il 5, e un po’ di più negli Stati Uniti, oltre il
10% quasi dappertutto nel mondo con molti casi di picchi verso il 20. Qual è la
cura di breve termine? Sarà inevitabile, anche perché ci sta andando da sola,
mandare in recessione l’economia globale. La parte spontanea della tendenza si
basa sul fatto che la gente deve spendere di più per l’energia (e cibo) e ha
meno soldi per altri consumi e ciò causa una contrazione della crescita. La
parte governata della cura recessiva, semplificando, si basa sul mantenere
elevato il costo del denaro riducendo così investimenti ed indebitamenti. Tale
rimedio dovrebbe ridurre la domanda di petrolio e frenarne i prezzi,
permettendo così un nuovo ciclo di crescita non inflazionistica. Ma molti
temono che non sarà così e pensano che la domanda di energia, e di alimentari,
resterà comunque elevata in Cina ed India e che ciò porterà allo scenario
peggiore: recessione più inflazione e poi una “stagflazione” di lunga durata.
In tale scenario dovrà essere modificata in Italia ed Europa, per esempio, la
struttura dei salari, pompando più inflazione, o si dovrà impoverire la gente. Questo è l’incubo degli scenaristi in questi
giorni. E non solo di quelli accademici, ma anche dei ben più rilevanti
analisti delle Banche centrali. Questi dovranno decidere quanta più o meno
recessione “dare” al sistema per contenere l’inflazione. Al momento non sanno
cosa fare e per questo i tassi stanno fermi, sia